I miei genitori nel 1982 comprarono, con i loro sudatissimi risparmi, una piccola casa bifamiliare in alta montagna (1180 metri), in un villaggio chiamato Bodone, frazione di Peglio, provincia di Como, che si affaccia su quello che è forse uno dei laghi più belli del mondo, il Lario.
Da allora ogni estate l’ho passata in parte o totalmente lì, così come diverse vacanze natalizie e pasquali e anche alcuni finesettimana. Anche se non viviamo lì, abbiamo instaurato legami solidi con la gente del posto tanto da essere considerati quasi compaesani.
Tra i nostri amici locali vi sono alcuni piccoli allevatori e contadini, che portano le mucche, le capre e le pecore al pascolo, sulle vette, ogni primavera e le riportano a valle, nelle stalle, in autunno. La cosiddetta transumanza.
Mi è capitato varie volte di assistere alla preparazione del formaggio e molto più spesso alla mungitura, fatta sempre all’aperto nei mesi caldi.
Prima di proseguire ci tengo a dire quanto segue: non metto in dubbio che in alcuni allevamenti intensivi si trattino male gli animali, riempiendoli di antibiotici per far fare loro più latte. Ho provato sulla mia pelle la differenza tra il latte sano e il latte pieno di pesticidi. E sono felice di sapere che nel nostro paese ci siano dei controlli rigidissimi in tal senso.
Gli animali vanno sempre trattati con rispetto, non devono venire usati fino allo sfinimento e buttati via come stracci vecchi.
Non si devono riempire di estrogeni, antibiotici e pesticidi per darci più carne e latte.
Finita la premessa, per mia fortuna, ho sempre assistito a comportamenti sempre rispettosi nei confronti degli animali negli allevamenti a Bodone.
Ricordo, in particolare, un’estate, dove volevano prendere il latte dalla nostra amica e lei ci disse quasi in tono duro: “No, quest’anno no. Tutte le mucche stanno per partorire o hanno partorito. E finché i vitellini non saranno svezzati, il latte sarà solo per loro.”
E la cosa ci fece un gran piacere, nonostante dovessimo rinunciare al latte, l’unico (o quantomeno uno dei pochi), peraltro, che non mi provoca nessuno tipo di intolleranza.
Un’altra estate rammento che c’era una delle mucche malata, con un corno rotto e la nostra amica, passava tutte le giornate con lei, dandole da mangiare dalla mano le erbe migliori dei prati e accarezzandola con affetto.
Quando le mucche, le capre e le pecore vanno al pascolo sono lasciate libere di andare dove vogliono, senza limiti di sorta, controllate a vista, ovviamente sia dal cane pastore che dagli esseri umani, ma solo per impedire che si facciano del male.
La vita di alta montagna non è una vita facile. Ci si alza molto presto. Alle 4 del mattino, con ritmi dimenticati ai cittadini, ritmi scanditi dal sole, dagli animali e dalla natura in generale.
Appena in piedi mungono gli animali, li puliscono e danno loro da mangiare, dato che nelle stalle non possono avere il cibo sempre a portata di mano.
D’estate non è molto diverso perché si deve stare sempre attenti al fatto che non si facciano del male, si fa i formaggi, si munge, si pulisce, in un ciclo che sembra infinito.
Per questo quando sento dire che gli allevatori dovrebbero trovarsi un vero lavoro mi viene rabbia. Io li vedo, ogni anno, i piccoli allevatori farsi il mazzo, dall’alba al tramonto, sempre inguaiati da mille problemi, tra cui le tasse fin troppo esose, resistere al peggio della modernità.
Lo so, non ho ancora parlato di quando uccidono gli animali per venderli.
Lo fanno? Certo che lo fanno.
Ma ci terrei anche qui a sfatare un mito, anzi diversi miti.
Punto uno: nessuno allevatore di buon senso ucciderà tutti gli animali che ha per venderli. Oltre che crudele, è contro producente e anti-economico. Insomma sarebbe da veri imbecilli distruggere il proprio allevamento per poi dover andare a comprare l’anno dopo altri animali, ricominciando da zero. Ragionare sulle cose pratiche no?
Punto due: in genere vengono uccisi animali che hanno almeno superato l’anno di vita, ben oltre lo svezzamento e spesso sono già adulti. Un po’ come quando si andava a caccia: si sceglievano pochi esemplari del branco, in modo da sfamare la propria tribù, senza per questo sterminare gli animali, anzi perpetrandone la specie.
Ci sono poi ovviamente i casi degli agnellini, che in effetti sono molto piccoli quando vengono uccisi.
Nella zona ci sono anche allevamenti di galline, lasciate anche loro circolare liberamente e chi conosce questi animali sa che fanno le uova diverse volte al giorno.
Mi piacerebbe poter portare in questi luoghi e in questi allevamenti le persone che sbraitano a vanvera verso gli allevatori “assassini”.
Mi piacerebbe proprio tanto.
Condivido pienamente ciò che viene narrato,conosco il sacrificio degli allevatori di bestiame gli orari la vita che conducono e i sacrifici a cui sono soggetti.
Grazie Francesco! Fa piacere parlare con qualcuno che conosce questi lavoratori e il loro difficile compito.